“A sedici anni andai via di casa. I miei compagni di classe il weekend dormivano insieme, guardavano un film porno, giocavano alla PlayStation e la domenica tornavano di corsa in cameretta a finire i compiti per il giorno dopo.
Io no.
Io facevo cose un po’ diverse.”
33 sono le storie in cui Marco Ubertini, rapper romano al suo primo romanzo, racconta le cose diverse.
33 capitoli, ognuno una storia a sé ma tutti legati da un filo comune. Esperienze estreme, scalate di impalcature altissime, assunzione di ogni tipo di sostanza, finire investito da un treno, relazioni pericolosissime. Ma anche aneddoti familiari e storie d’infanzia.
Il filo comune delle cose diverse è che si tratta sempre di momenti vissuti sull’orlo di un baratro, fisico o emotivo.
33 baratri, ogni volta un baratro diverso.
“… non mi sembrava davvero che ci fosse più un limite che non avrei potuto superare. Vincevo sempre questa sfida con la vita, ma sembravo uscirne ogni volta più forte e più testardo.
Più scuro, disperato.”
Storie narrate con un’accuratezza che dà la parola a tutti.
Al corpo che racconta con precisione tutto quello attraverso cui passa.
Al cuore che esprime gli stati emotivi che colorano ogni baratro.
Ai pensieri, spesso molto chiari quasi taglienti.
La grafica accompagna i racconti, le parole a volte compaiono in ordine sparso, ma non casuale, lasciando spazi che sembrano invitare ad una pausa.
L’inclinazione alla sfida attraversa molte storie, un’inclinazione che mostrerà il suo lato positivo nell’affrontare la strada che l’autore sceglierà di percorrere per allontanarsi definitivamente dai baratri.
“Quando entrai lì dentro lo feci dandomi una sola regola.
Chiara.
Ferrea.
Intoccabile.
Sarei arrivato fino in fondo.
Non esistevano alternative.
Non per me.”
Oltre ai fatti narrati mi ha incuriosito come l’autore ne ha scritto e ho apprezzato la capacità di accogliere quanto accaduto e di portarlo con sé. Di considerarlo, a tutti gli effetti, una parte di sé stesso.
“La persona che avevo lasciato e quella che avevo ritrovato per la prima volta erano insieme, a confronto, nello stesso corpo e nello stesso momento.”
Questo libro è un atto di responsabilità, spiega l’autore durante una presentazione. Verso sé stesso, verso le persone significative della sua vita, coinvolte nei racconti, verso chi legge.
Nel leggerlo ho provato tante emozioni contrastanti. Curiosità, sorpresa, preoccupazione e, soprattutto, spavento. La vicinanza con la morte si percepisce così tante volte che è impossibile non esserne impauriti. A volte, invece, ha dominato la tenerezza che in alcuni punti rasenta la commozione.
Perché leggere un libro così forte che ci propone un ottovolante emotivo ad ogni pagina?
Perché suggerisce una risposta alla domanda: si può vivere portando dentro di sé un passato così estremo? Leggendo il libro di Marco Ubertini si direbbe proprio di si, anche quando la strada sembra irrimediabilmente senza ritorno. A patto, come fa l’autore, di non rinnegarlo, di sentire la sua rilevanza, di dargli un posto e di lasciare che continui a parlare.
33. Marco Ubertini
2019, Sperling e Kupfer