Anche semplici gesti possono contrastare stigma e pregiudizi: “Un abbraccio può salvare. Una telefonata può illuminare”.
Come psicoterapeuta cognitivo comportamentale la lettera di una donna con problemi d’ansia pubblicata pochi mesi fa su Repubblica nella rubrica “Invece Concita. Il luogo della vostre storie” mi ha colpito molto. Mi ha colpito perché parla di ansia ma, soprattutto, di stigma, un argomento che affronto ogni giorno al fianco di persone che si impegnano per migliorare il proprio benessere psicologico.
Lo stigma con cui mi confronto quotidianamente è fatto da un insieme di credenze, difficili da smantellare, che le persone hanno rispetto a molti disturbi psicologici e si nutre soprattutto di scarsa conoscenza.
Rispetto ai disturbi fisici, come malattie del sistema cardiovascolare, tumori, problemi ossei, ecc., di cui le persone che ne soffrono si vergognano meno, i disturbi mentali generano idee distorte e pregiudizi che portano le persone a vergognarsi della propria condizione emotiva e a voler nascondere il disturbo di cui soffrono. Tale condizione innesca un circolo vizioso in cui la vergogna causa isolamento e l’isolamento non può che peggiorare uno stato emotivo già provato.
Il pregiudizio più diffuso è che le persone che soffrono di un disturbo mentale siano in qualche modo responsabili della loro condizione, perché ritenuti deboli e arrendevoli, incapaci di resistere e controllare ciò che capita loro. Per questo motivo è frequente che le persone vivano il proprio disturbo non come un evento in cui chiunque può incorrere ma come una sconfitta personale con un conseguente calo dell’autostima. Si trovano così a combattere su più fronti: da un lato l’esperienza di malattia, dall’altro lo stigma e/o l’autostigma.
Durante una psicoterapia (il mio approccio è cognitivo comportamentale) lavoro insieme al paziente su tutti gli aspetti che creano sofferenza, compresi stigma e autostigma, ed è per questo che ritengo importanti le parole di “Quel maledetto disturbo chiamato ansia”, perché sottolineando il peso dei pregiudizi contrastano l’isolamento e invitano all’apertura e alla comprensione dei disturbi di panico e dell’ansia come condizioni comuni e diffuse.
Quel maledetto disturbo chiamato ansia
tratto dalla rubrica di Repubblica Invece Concita. Il luogo delle vostre storie