Cosa significa curarsi? E guarire? Lo racconta, in un libro bellissimo, un uomo che ha vissuto con lunghe e gravi malattie.
Incontro in un inserto dedicato ai libri “Con molta cura” di Severino Cesari, storico editor di Einaudi. A prima vista un diario, in realtà una raccolta di riflessioni in cui l’autore racconta anni trascorsi tra molte e gravi malattie.
Come precisa il sottotitolo “La vita, l’amore e la chemioterapia a km. zero”.
Il libro nasce su Facebook come tentativo di contrastare la tendenza alla chiusura che spesso accompagna la sofferenza di chi convive con una malattia, “l’intangibile pagina di un social network da lui trasformato in un luogo pieno di speranza e autentica umanità” come lo descrive Michele Rossi nella nota finale.
Così ne parla l’autore: “Ma l’amore e l’attenzione di voi che leggete e condividete, spesso all’istante, con un ritorno immediato per me nuovo di emozioni, vincono su tutto, questo ho anche scoperto. Scrivere, camminare, mangiare e bere con le tue mani, afferrare gli oggetti, sfogliare un libro o un giornale sono cose normali solo finché non ci vengono tolte. Ma si possono ritrovare, questa è la vera notizia, e scriverlo io penso, attiva a sua volte le storie di ciascuno, in una sorta di ghirlanda amorosa.”
È un diario molto particolare quello di Cesari, più che la cronaca di cosa accade il vero protagonista è il racconto del come si possa passare attraverso ciò che accade. Un modo possibile che, da istruttrice di mindfulness, mi riporta alla mente la domanda “Come si impara a convivere con il dolore?” che ha suggerito a Jon Kabat Zinn, ideatore del Protocollo per la Riduzione dello Stress Basato sulla Mindfulness, l’utilità delle pratiche di consapevolezza nella gestione della sofferenza.
Leggere le riflessioni di Severino Cesari mi ha suscitato stati d’animo diversi. Spesso ho sentito salire commozione, tenerezza e autentica compassione, a volte mi sono trovata a sorridere grazie alla capacità dell’autore di cogliere momenti di leggerezza conditi da un pizzico di umorismo, altre ancora ho provato un sorprendente senso di pace ma sempre, in ogni pagina, ho sentito la compagnia della grazia.
C’è una grazia infinita nelle parole scritte di Severino Cesari.
C’è grazia nel racconto delle sue giornate, delle sue difficoltà, delle sue vittorie; nelle parole rivolte a chi gli vuole bene e lo sostiene; nella relazione con i curanti; nelle descrizioni di luoghi amati e familiari e di luoghi di sofferenza.
C’è grazia nell’aprirsi a ciò accade, nel dare a tutto un nome. Nulla resta estraneo, tutto è accolto e reso amico.
L’Ospedale Quantico, il professor Alato “l’angelo del trapianto”, Achille “pino romano di lungo corso, discendente da un’antica pineta, da me scambiato all’inizio per un abete. Lui è stato in questi giorni, il contrario esatto di me. Tremebondo e gelatinoso io, spavaldo e immobile lui.”, Emilio il prezioso rene trapiantato dopo un lungo periodo di dialisi “Emilio si trova bene qui con me ma devo avere cura di lui almeno quanto lui ha cura di me”, il gatto di casa Ortensio Paciocchetti detto Ortensietti, i farmaci dai nomi evocativi, Pierinotukano il chemioterapico, Svuotamix la combinazione dei diuretici Evacuone e Furosorride, Ripijamose l’antinausea, Atrocina per contrastare altri effetti collaterali.
Severino Cesari non tralascia nulla della sua esperienza, tutto è raccontato mostrandoci come il suo mondo, il mondo della Cura (non a caso con la C maiuscola), da territorio sconosciuto e minaccioso possa trasformarsi in un luogo familiare e meno ostile in cui è possibile stare, sebbene la spiacevolezza, il disagio, il dolore.
Uno spazio che si nutre di accettazione,
“Tutto è vita, anche il nostro male, se pensiamo che sia il Nemico da distruggere ci arrendiamo a lui. E noi non vogliamo arrenderci al male, vero? Perciò io ti tratterò coma le parte di me che tu sei, la parte più faticosa. E imparando ogni giorno a riconoscerti, e a convivere con te, sarò ogni giorno più libero e più sano di prima.”
di un’idea di guarigione non intesa come il ritorno allo stato precedente la malattia, non sempre possibile per quanto desiderabile, ma come il potersi prendere cura di ogni aspetto che riguarda la propria condizione,
“Quando guarirò
Ci sarà un’aria fredda e pulita, come ora
Con un sole chiaro
Quando guarirò
Non importa se io non ci sarò più, a vedermi guarire
Io guarisco in ogni istante in cui mi curo.”
di gratitudine,
“Grazie Emanuela.
L’esercizio quotidiano dell’amore, questo infine auguro a tutti, a tutte.
Non c’è altro, credete.
Se non avete sottomano l’opportunità di una cura da fare – scherzo, ma fino ad un certo punto! – potete sempre però prendervi cura.
Prendervi cura di voi stessi e di quelli a cui volete bene.
E magari anche degli altri.
Non c’è davvero altro, credete.”
e di felicità per i momenti di tregua che meritano di essere riconosciuti e goduti,
“Ognuno di noi dovrebbe imparare ad accettare i momenti di felicità, arrendersi ad essi.”
Questo è il come di Severino Cesari, raccontato con l’agio di chi si muove con grande maestria attraverso le parole scritte.
Una lettura coinvolgente, un invito continuo ad incontrare ogni esperienza, a riconoscere le energie che conducono alla faticosa e inutile strada del rifiuto e della chiusura e rivolgerle all’apertura, alla conoscenza, alla condivisione.
Sempre con lo sguardo verso la vita.
“Se ti accade, come sempre può accadere, qualcosa che ti sembra insopportabile perché aumenta un peso già complicato da portare, prima di tutto non perdere tempo ad autocommiserarti. Comincia a riparare, accettando e cercando ogni aiuto, quello che è in tuo potere riparare ed escludi tutto il resto, su cui non puoi far nulla, per quanto importante poteva apparirti fino a ieri. E alza lo sguardo, allarga la visione oltre l’angolo in cui sei stato costretto, perché fuori di te è già iniziato il nuovo giorno per tutte le creature fotosensibili come noi siamo e ce n’è, ce n’è di nuove meraviglia da scoprire, nuove impreviste avventure da correre e rinnovati incontri, solo che tu voglia vedere e accettare, prima che venga sera.
Avete in programma qualcosa di meglio che risorgere? Io no, e mi contento.”
Con molta cura. Severino Cesari
Rizzoli Editore, 2017