Fiori di Bach, Iperico, Ginkgo Biloba, Kawa Kawa, ma sono davvero cure più sane?
“Sono rimedi naturali e proprio perché naturali non possono essere nocivi. Non hanno effetti collaterali e possono essere usati da tutti“. Questa la percezione più diffusa, ma è proprio vero?
Il ricorso alle “medicine alternative” in particolare erbe, per curare le più svariate patologie, comprese ansia e depressione, è un fenomeno in grande espansione: in Italia il mercato delle erbe curative cresce al ritmo dell’11% l’anno e comporta un giro d’affari di circa mille miliardi. Un successo che la pubblicità amplifica e la non necessità di ricetta medica facilita, richiede che lo si esamini da vicino. Dunque: è vero che i rimedi naturali sono efficaci, innocui, e possono essere usati da tutti?
Per i Fiori di Bach oggi molto di moda, il giudizio non può essere che negativo, trattandosi di un metodo di cura mai testato scientificamente; per altri prodotti è invece possibile una valutazione più articolata poiché sono disponibili informazioni più accurate.
Gli estratti dall’albero del Ginkgo Biloba, utilizzati fin dall’antichità, sono oggi usati nei disturbi della circolazione cerebrale, nell’Alzheimer e per potenziare gli antidepressivi. In effetti 120-240 mg/al giorno, di Ginkgo riducono i sintomi dovuti ad una insufficiente circolazione cerebrale e hanno dimostrato un effetto modesto, ma comunque rilevabile sul decadimento senile della memoria. Non c’è nessuna prova che possieda proprietà antidepressive o che aumenti l’efficacia dei farmaci antidepressivi. Nell’assumere il Ginkgo occorre tener conto sia dei possibili effetti collaterali, come disturbi gastrointestinali, mal di testa, allergie, sia dell’interazione con i farmaci anticoagulanti, compresa l’aspirina, che potrebbe aumentare il rischio di emorragie.
Al Kawa Kawa, estratto dalle radici del piper methysticum, sono attribuite proprietà ansiolitiche, sedative, miorilassanti e anticonvulsivanti. Queste proprietà sono state valutate però solo in laboratorio e su animali, ma non sugli uomini; tuttavia alcuni medici affermano che 100 – 200 mg al giorno di kavalactone (il principio attivo) svolgono comunque una modesta attività ansiolitica. Utile sapere che il Kawa kawa può provocare desquamazione delle estremità e non deve essere somministrato insieme ad alcolici o ansiolitici.
Usato nella medicina tradizionale cinese da più di 400 anni, il Ginseng sarebbe in grado di ridurre lo stress e la fatica, ma non ci sono studi che lo dimostrino. È invece provato che può causare ansia, insonnia e fasi di euforia, nonché ipertensione e diarrea. Sconsigliato per chi soffre di disturbo bipolare, ipertensione e diabete, può inoltre amplificare l’effetto degli antidepressivi Imao, degli stimolanti, compreso il caffè e dei neurolettici.
La Valeriana è forse la sostanza più diffusamente utilizzata nel mondo contro l’ansia e l’insonnia. I pochi studi condotti sugli uomini hanno dimostrato che alla dose di 2 – 3 grammi al giorno quest’erba ha un modesto effetto ansiolitico, ma non ipnotico. Non sembra avere particolari effetti collaterali.
L’Erba di San Giovanni, o ipericum, le cui proprietà terapeutiche erano già note a Ippocrate, viene oggi usata come antidepressivo avendo mostrato, in depressioni di lieve o media entità, un’efficacia superiore al placebo e pari a quella di alcuni antidepressivi. Si tratta di risultati da valutare con grande cautela perché le sperimentazioni fatte erano di breve durata e non erano garantite le quantità di ipericum o di antidepressivo effettivamente assunte. Controindicato nei pazienti con feocromocitoma, l’ipericum può provocare fotosensibilizzazione (da evitare quindi l’esposizione prolungata alla luce del sole), disturbi gastrointestinali, stipsi, secchezza della bocca, sedazione e stanchezza.
E’ utile infine ricordare, soprattutto per chi soffre di disturbi psichiatrici come il disturbo bipolare, che l’uso eccessivo di alcune sostanze naturali per “tirarsi su”, come per esempio guaranà e, come già detto, ginseng al pari se non più di caffeina e teina, può causare insonnia e irritabilità e rappresentare un potenziale innesco di stati di eccitazione dalle conseguenze imprevedibili.
Ad eccezione quindi di una modesta attività sulla memoria per il ginko biloba e sulla depressione per l’ipericum, le erbe e le radici comunemente utilizzate da milioni di persone per curare alcuni disturbi psichiatrici in realtà non possiedono alcuna proprietà terapeutica di rilievo. D’altra parte, se così non fosse, la medicina “ufficiale” non avrebbe difficoltà ad includerle nel proprio armamentario come è accaduto per l’aspirina, il cui principio attivo è un derivato dalla pianta del salice.
Al contrario del diffuso pregiudizio secondo il quale ciò che è naturale «non fa male» (Socrate non morì ingerendo un infuso di cicuta?), è necessario prestare attenzione nel ricorrere a queste sostanze poiché non di rado presentano effetti collaterali e controindicazioni importanti e la loro sicurezza non è mai stata testata in gravidanza; possono inoltre provocare reazioni allergiche o intossicazioni dovute ai metalli pesanti o ai pesticidi presenti nelle coltivazioni.
Da ultimo, e non meno importante, un danno indiretto: per seguire una cura “naturale” spesso si ritarda sia la consultazione dello specialista sia l’avvio di cure realmente efficaci ottenendo come unico risultato l’aggravarsi della sofferenza.