Come aiutare chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo

di Roberta Necci e Antonio Tundo

Anche se il loro compito non è semplice, familiari ed amici possono essere di grande aiuto per chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo (DOC) sia prima, sia durante le cure.

Pur essendo animati da affetto e da desiderio di essere di aiuto non è però sempre facile comportarsi in modo costruttivo, sapere cosa fare in certe situazioni o come rispondere a determinate richieste. Proponiamo pertanto di seguito alcuni suggerimenti  che, nella nostra esperienza, si sono dimostrati una valida guida per facilitare la gestione dei problemi quotidiani di chi vive accanto a chi soffre di DOC. Maggiori informazioni e supporto emotivo si possono ottenere partecipando ad un gruppo psicoeducazionale.

Sollevare il problema

Chi è affetto da DOC, essendo consapevole dell’assurdità dei propri comportamenti, in genere se ne vergogna, tenta di nasconderlo anche a chi gli è vicino e comunque non ama parlarne e lo vive con estremo disagio.
Il risultato è che la richiesta di un intervento specifico rischia di venire fatto solo qualche anno dopo l’insorgenza della patologia, quando questa ha ormai compromesso l’adattamento lavorativo e le relazioni interpersonali.
Se ci si accorge che un familiare o un amico presenta sintomi ossessivo-compulsivi è quindi opportuno documentarsi sul problema, riuscire a parlargliene con serenità e chiarezza spiegandogli che si tratta di una vera e propria patologia che affligge non solo lui ma molte altre persone e per la quale ci sono specifiche cure farmacologiche e psicologiche in grado alleviare la sua sofferenza.

Non ridicolizzare le paure o i comportamenti di chi soffre di DOC
E’ inopportuno ridicolizzare le ossessioni o le compulsioni come pure insistere perché queste ultime non vengano eseguite.
Questi atteggiamenti, oltre ad aumentare l’ansia e con essa ossessioni e compulsioni, suscitano risentimento, frustrazione, sensazione di incomprensione, demoralizzazione e, talvolta, reazioni di aggressività e rabbia poiché la persona si rende conto già da sé dell’assurdità delle proprie paure.
È comunque possibile, al di fuori delle fasi acute, utilizzare con cautela un pizzico di humor non per ridicolizzare i sintomi ossessivo-compulsivi ma per aiutare a vedere dall’esterno, con un po’ di distacco, l’assurdità di alcune paure.

Aiutare nella gestione della terapia
Una volta iniziato il percorso terapeutico il ruolo di familiari ed amici non è esaurito, anzi è il momento in cui è maggiormente necessario il loro incoraggiamento e sostegno. I farmaci, per quanto abitualmente ben tollerati, non sono esenti da effetti collaterali, soprattutto quando è necessario ricorrere all’associazione di prodotti. Se compaiono disturbi secondari è importante rassicurare la persona consigliandole di consultare il proprio medico e non ridurre le dosi o smettere autonomamente la cura.

Incoraggiare quando i risultati sembrano non arrivare mai
La lentezza e la gradualità con cui si verifica il miglioramento possono causare, soprattutto nei primi mesi, scoraggiamento e tentazione di abbandonare farmaci e psicoterapia. In questo caso è utile sottolineare i passi in avanti, pur piccoli, che sono stati compiuti come, per esempio, la riduzione della frequenza o della durata dei lavaggi o delle verifiche.

Evitare, per quanto possibile, il coinvolgimento nei rituali
Spesso la persona tenta di coinvolgere i familiari nei rituali, per esempio chiedendogli di verificare se ha eseguito correttamente il lavaggio delle mani o la chiusura del gas oppure con continue, ma sempre insoddisfacenti, richieste di rassicurazione.
Se all’inizio questo supporto dà sollievo all’ansia, con il tempo aumenta la complessità dei rituali finendo con il creare una “spirale ossessiva”. Occorre reagire a queste richieste con elasticità fornendo il proprio sostegno solo nei momenti più critici e sottraendosi via via che si verifica il miglioramento quando va invece incoraggiata una resistenza attiva nei confronti dei rituali.
È inoltre opportuno evitare risposte troppo complesse alle richieste di rassicurazione perché questo potrebbe peggiorare i dubbi.

Mantenere, per quanto possibile, uno stile di vita “normale”
I familiari dovrebbero essere meno condizionati possibile dai rituali per cui, soprattutto al di fuori delle fasi acute, è importante continuare a ricevere amici in casa, sedersi tranquillamente ovunque, usare il bagno senza problemi tenendo presente che è nello stretto interesse di chi soffre di DOC essere esposti alle proprie fobie.
I familiari dovrebbero inoltre ritagliarsi degli spazi al di fuori del “circuito ossessivo”, trovare sempre un po’ di tempo per se stessi, mantenere rapporti sociali e coltivare i propri interessi. Questo li aiuterà anche ad allentare la tensione e ad avere più energie per sostenere il proprio caro nei momenti più critici.

Chiedere informazioni al medico o allo psicoterapeuta solo in presenza o con l’autorizzazione della persona interessata
Il segreto professionale e la legge sulla privacy impediscono ai sanitari di dare notizie sulla diagnosi, sulle cure o sull’evoluzione del disturbo all’insaputa dell’interessato. Questa prassi non è solo un vincolo normativo ma è soprattutto un modo per tutelare il rapporto di fiducia tra medico e paziente.

Conoscere meglio il Disturbo Ossessivo Compulsivo
Gruppi psicoeducazionali e letture sono strumenti preziosi per migliorare il livello di conoscenza del disturbo, sia per chi ne soffre sia per i suoi familiari.

Rivolgersi, per un supporto extrasanitario, alle associazioni di volontariato
Particolarmente attiva nell’ambito dei disturbi d’ansia è l’Associazione IDEA Roma Onlus che fornisce informazioni sulla patologia, sulle terapie e sull’atteggiamento più opportuno da tenere da parte degli altri membri della famiglia e mette a disposizione gratuitamente un servizio di ascolto telefonico e gruppi di Auto-Aiuto.

Letture consigliate
Disturbo Ossessivo Compulsivo, romanzi e manuali di auto aiuto