di Antonio Tundo
Anoressia, Bulimia e Binge Eating Disorder. Tre disturbi caratterizzati da un patologico rapporto con il cibo.
Per disturbi della condotta alimentare (o disturbi alimentari) si intende un insieme di disturbi caratterizzati da un patologico rapporto con il cibo, da un’eccessiva preoccupazione per il peso corporeo e dalla tendenza a far dipendere la propria stima di sé dal peso e dalla forma fisica. Si distinguono tre forme principali:
- anoressia nervosa
- bulimia nervosa
- disturbo da alimentazione incontrollata o binge eating disorder
Quanto sono frequenti
Tra lo 0.2% e lo 0.6% delle persone soffre di anoressia e tra lo 0,5% e l’1,8% di bulimia; la prima è 10 volte più comune tra le donne che tra gli uomini, la seconda 30 volte.
L’età di insorgenza è compresa tra i 15 ed i 19 anni per l’anoressia e tra 20 ed i 24 anni per la bulimia.
Sono maggiormente a rischio le danzatrici, le atlete e le studentesse universitarie.
Il disturbo da alimentazione incontrollata colpisce tra lo 0,7 e il 4,6% delle persone, senza grandi differenze tra uomini e donne, e compare in genere tra i 20 ed i 30 anni.
Come si manifestano
Anoressia nervosa
È caratterizzata da un’intensa paura di ingrassare, riduzione dell’assunzione di cibo, soprattutto grassi e carboidrati, dimagrimento al di sotto dell’85% del peso forma calcolato in base all’altezza e all’età e perdita del ciclo mestruale. Si distinguono due sottotipi:
l’anoressia restrittiva, in cui il calo ponderale è raggiunto tramite la drastica limitazione dell’apporto alimentare e l’intensa attività fisica
l’anoressia con abbuffate e condotte di eliminazione, in cui la dieta rigida è alternata ad abbuffate seguite da vomito auto-provocato e/o abuso di diuretici, lassativi, sostanze anoressizzanti.
In entrambe le forme il pensiero ruota tormentosamente sul cibo, sul controllo del peso e sull’immagine del proprio corpo che risulta distorta: chi soffre di anoressia, infatti, pur essendo emaciata continua a vedersi “grassa” e con la “pancia gonfia”.
Lo stato di denutrizione può causare diverse gravi complicanze mediche come ipotensione, osteoporosi, anemia, alterazioni del fegato e dei reni disturbi del battito cardiaco potenzialmente mortali.
Bulimia nervosa
E’ caratterizzata da “abbuffate” con perdita di controllo e assunzione caotica di grandi quantità di cibo, anche fino a 20.000 calorie. Le crisi sono seguite da comportamenti di compenso (la più comune il vomito auto indotto) per evitare l’incremento ponderale e chi ne è affetto mantiene solitamente un peso adeguato all’età e alla statura. Le abbuffate hanno in genere una frequenza quotidiana e, poiché suscitano sentimenti di colpa e di vergogna, sono effettuate di nascosto.
Si distinguono due sottotipi bulimia:
la bulimia con condotte di eliminazione, in cui il peso è mantenuto mediante il vomito auto-indotto o ricorrendo a diuretici, lassativi e enteroclismi
la bulimia senza condotte di eliminazione, in cui i comportamenti compensatori sono l’alternanza con il digiuno e/o l’intensa attività fisica.
Le più temibili complicanze mediche, dovute al vomito, sono le lesioni dell’esofago, la rottura dello stomaco e le aritmie cardiache, queste ultime possibili causa di morte.
Disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder)
E’ caratterizzato da abbuffate non seguite da comportamenti di compenso con conseguente aumento di peso. Gli episodi bulimici sono seguiti da idee di colpa, disgusto e depressione.
Anoressia e bulimia si presentano spesso associate ad altre patologie psichiatriche come depressione, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo compulsivo e disturbi di personalità, abuso di sostanze.
Come evolvono
Sebbene anoressia e bulimia siano considerate due patologie distinte, almeno la metà di chi ne è affetto passa, nel corso della vita, dall’una all’altra forma.
L’anoressia sembra avere un’evoluzione cronica con una possibilità di “guarigione” del 30%, che riguarda soprattutto le persone giovani e bene integrate nella vita sociale e lavorativa, e di miglioramento di un ulteriore 30%.
Per quanto riguarda la bulimia, chi segue le cure ha il 75% di probabilità di migliorare entro un anno ma, almeno nella metà dei casi, tende successivamente a ricadere alternando fasi di miglioramento e peggioramento.
Come si curano*
Il trattamento dei disturbi della condotta alimentare richiede l’integrazione delle competenze del medico internista, del cardiologo, del nutrizionista, dello psichiatra e dello psicoterapeuta ed abitualmente prevede l’associazione di farmaci e psicoterapia.
Tra gli interventi psicologici, la psicoterapia cognitivo-comportamentale si è dimostrata particolarmente utile per ridurre i sintomi dell’anoressia e della bulimia e contenere il rischio di ricadute.
La terapia farmacologica nel caso dell’anoressia si avvale di antidepressivi, soprattutto di nuova generazione, impiegati per fronteggiare i sintomi depressivi ed ossessivi associati al disturbo. Talvolta si associano piccole dosi di antipsicotici per contenere l’iperattività e migliorare la percezione distorta (“quasi delirante”) dell’immagine corporea.
Nella bulimia gli antidepressivi serotoninergici, in particolare la fluoxetina, si sono dimostrati efficaci, almeno a breve termine, nel ridurre le cirsi bulimiche e nel controllare eventuali stati ansiosi o depressivi concomitanti. In associazione con gli antidepressivi sempre più spesso si utilizzano alcuni antiepilettici, come il topiramato e la lamotrigina, che migliorerebbero la capacità di autocontrollo sul comportamento alimentare.
Il ricovero in ambiente ospedaliero può rendersi necessario in caso di anoressia per contenere le conseguenze potenzialmente pericolose per la vita dell’eccessivo dimagrimento o del digiuno protratto e in casi di bulimia per correggere gli squilibri elettrolitici o gestire le complicanze mediche.
La riabilitazione nutrizionale è utilizzata per favorire il raggiungimento di un peso adeguato e per normalizzare le abitudini alimentari.
*Le informazioni fornite hanno natura generale e sono pubblicate con finalità puramente divulgative. Per doverosa informazione, si ricorda che la visita effettuata dal proprio medico rappresenta l’unico modo per ricevere una diagnosi corretta e un trattamento efficace.