Disturbo Ossessivo Compulsivo nell’infanzia

di Loretta Salvati e Roberta Necci

Contare, ripetere, toccare o raddrizzare gli oggetti, rituali che i bambini compiono per rassicurarsi e tranquillizzarsi. Come possiamo accorgerci se si tratta di comportamenti eccessivi che richiedono l’attenzione di un esperto?

Il disturbo ossessivo compulsivo, comunemente indicato con l’acronimo DOC, è caratterizzato dalla presenza di “ossessioni” (pensieri preoccupanti, dubbi, immagini disturbanti e/o spaventose che la persona non vorrebbe avere ma che non riesce a scacciare dalla mente) e di “compulsioni” (comportamenti ripetitivi messi in atto per allontanare gli eventi temuti).
A lungo considerato tipico dell’età adulta, negli studi più recenti è stato appurato che il DOC spesso compare nell’adolescenza e, talvolta, anche nell’infanzia. Il dato scientifico è confermato anche dai racconti degli adulti che soffrono di DOC i quali fanno risalire all’infanzia la comparsa dei primi sintomi ossessivi e compulsivi.
Per non destare inutili allarmi è necessario chiarire subito che, entro certi limiti, per un bambino è “normale” avere pensieri o comportamenti simili a quelli tipici del DOC. Per esempio, a chi non è capitato di sentirsi chiedere dal proprio figlio di ripetere più volte il racconto di una favola appena terminato?
Si tratta di un modo di fare che, a quell’età, dà la sensazione al bambino di avere la situazione sotto controllo e questo lo fa sentire più sicuro. Verso i sette anni, abitualmente, questi comportamenti pian piano scompaiono o sono sostituiti da hobby o interessi più finalizzati.

Quando preoccuparsi, e per cosa?

Secondo gli esperti, l’allarme dovrebbe scattare in presenza di uno o più di questi elementi:

  • i pensieri e/o i comportamenti ripetitivi hanno un contenuto inusuale (se ne parlerà più avanti)
  • generano un malessere intenso o un senso di frustrazione o interferiscono con le normali attività con conseguente calo del rendimento scolastico

In genere i sintomi ossessivo compulsivi nei bambini compaiono in concomitanza con eventi stressanti (inizio della scuola, bocciatura, problemi in famiglia) e sono più marcati la sera, soprattutto al momento di andare a letto.
Come negli adulti, anche nei bambini i contenuti più comuni sono la paura dello sporco, di far del male a se stessi o ai familiari e il bisogno esagerato di ordine e simmetria. Per allontanare questi timori compiono dei rituali come effettuare dei controlli ripetuti, lavarsi o pulire in modo esagerato, contare o ripetere, toccare o raddrizzare gli oggetti.
Sequenze tipo potrebbero essere:

“Quando vado a letto le ciabattine devono essere perfettamente unite per scacciare il pericolo che qualcuno entri dalla finestra”
“Se conto fino a tre ogni volta che parlo con mia madre, lei non morirà”
“Devo controllare dieci volte che la porta di casa sia ben chiusa per dormire tranquillo”.

Sintomi più tipici dell’infanzia che, se presenti, possono essere facilmente colti dai genitori sono:

  • una particolare meticolosità verso lo studio (eccessiva precisione nell’eseguire i compiti, necessità di leggere ripetutamente brani scolastici, correggere o cancellare ogni piccola imperfezione, ripassare con la penna parole appena scritte) e verso la pulizia (eccessiva paura di sporcarsi, in particolare con le feci o con le urine)
  • la necessità di eseguire rigidamente sempre gli stessi comportamenti prima di addormentarsi (non poter andare a letto se ogni sera i giocattoli non sono in un determinato ordine)
  • eseguire alcune azioni perfettamente (pretendere che i lacci delle scarpe siano sempre di pari lunghezza, temperare continuamente le matite colorate perché abbiano tutte una punta perfetta)
  • la richiesta di ripetere parole o frasi (far ripetere una precisa sequenza di parole, chiedere di elencare una sequenza di azioni appena compiute per essere certi di averle eseguite bene, per esempio chiedere di elencare tutti gli indumenti indossati per essere certi di averli indossati)
  • proporre sempre le stesse domande su dilemmi di natura esistenziale (domande continue sul perché si è nati proprio in quel momento, su cosa sarebbe accaduto se non fossero nati), collezionare oggetti bizzarri (buste vuote delle figurine, carte delle caramelle..)
  • eseguire determinate azioni per prevenire un evento temuto (entrare ed uscire dalla porta della classe un certo numero di volte per evitare un brutto voto)

I sintomi ossessivo compulsivi, soprattutto se marcati, condizionano la vita non solo del bambino ma dell’intera famiglia e sono causa di esasperazione per tutti perché nulla sembra essere utile. Ragionamenti, imposizioni o rimproveri non riescono a eliminare, e spesso nemmeno a ridurre, le rigide sequenze messe in atto durante i rituali.

Il DOC ha spesso pesanti conseguenze anche in ambito scolastico. La presenza di pensieri ripetitivi facilmente crea difficoltà di concentrazione, di attenzione, di seguire le indicazioni così come di iniziare o di finire i compiti nei tempi stabiliti.
Le difficoltà a scuola e il basso rendimento, a loro volta, possono ridurre l’autostima (in alcuni casi estremi fino a veri e propri sintomi depressivi), causare isolamento dai compagni, comportamenti problematici, quali risse o litigi derivanti da incomprensioni tra il bambino e i coetanei o il personale, e portare in alcune condizioni, particolarmente difficili, al rifiuto di continuare ad andare a scuola.

Cosa fare?

Comprendere la natura del disturbo e le sue conseguenze è il primo passo che i genitori dovrebbero compiere per essere fattivamente vicini al proprio bambino, aiutarlo nella sua lotta contro le paure e tenere lontano il pericolo di sintomi depressivi dovuti alla sensazione di isolamento e incomprensione.
A questo proposito è importante ricordare che il bambino che soffre di DOC si rende conto che i pensieri ossessivi, a differenza delle normali preoccupazioni, non sono realistici e se ne vergogna, cerca di nasconderne il contenuto e spesso effettua i rituali di nascosto per paura di essere considerato “pazzo”.
In secondo luogo, il bambino non può con la sola “buona volontà” controllarsi perché la mancata esecuzione dei rituali gli crea una grande sofferenza. Quindi sarebbe bene non imporre l’interruzione delle sequenze perché questo causa un intenso malessere a cui il bambino può reagire facendo i capricci,  o chiudendosi senza dare più spiegazioni sulle sue paure e continuando a fare i rituali di nascosto.

Un altro importante passo è creare, per quanto possibile, un ambiente familiare sereno e tollerante, cercando di tenere sotto controllo le proprie preoccupazioni che, pur essendo naturali e comprensibili, contribuiscono ad aumentare l’ansia del bambino. È molto più utile ascoltarlo e fargli sentire la propria vicinanza emotiva, la semplice esperienza di essere ascoltati senza ricevere consigli o giudizi ha un potente effetto rasserenante. Utile può essere anche dare una mano al bambino nel pianificare i suoi comportamenti nei due momenti più difficili della sua giornata, prepararsi per andare a scuola al mattino e per andare a letto la sera.

Assecondare o contrastare le richieste?
Pur essendo comprensivi verso la sofferenza del bambino non è tuttavia consigliabile soddisfare completamente eventuali richieste estreme come, per esempio, prolungare per ore una doccia. E’ chiaro che trovare un atteggiamento equilibrato tra flessibilità e sostegno da un lato e fermezza dall’altro non è quasi mai facile  ed è pertanto necessario chiedere  aiuto ad un professionista qualificato.
Il primo passo in questo senso è conoscere meglio il disturbo attraverso letture, un percorso psicoeducativo, individuale o di gruppo, per i genitori che permetta loro di conoscere a fondo il disturbo di cui soffre il proprio figlio, di ricevere suggerimenti su quali sono gli atteggiamenti più utili da tenere e su cosa è possibile fare per aiutarlo, indirettamente, a vincere le proprie ansie. Se i sintomi sono pesanti e condizionano la vita quotidiana è necessario un intervento da parte di un professionista qualificato che coinvolga direttamente il bambino.

A questo proposito la psicoterapia cognitivo comportamentale ha dimostrato di essere lo strumento psicologico più efficace per contrastare le paure irrazionali e aumentare pensieri e comportamenti funzionali.
Nel corso della terapia, anche grazie a tecniche specifiche come l’esposizione con prevenzione della risposta, i bambini vengono aiutati a prendere coscienza dei loro pensieri e comportamenti disfunzionali, a contenere i pensieri ripetitivi e le richieste ripetute di rassicurazione e  a ridurre gradualmente i rituali sviluppando modalità di pensiero e di comportamento alternativi e più funzionali.
La psicoterapia contrasta inoltre i sentimenti di fallimento e i bassi livelli di autostima frequenti conseguenze delle scarse prestazioni dovute al disturbo.
Il buon andamento della terapia richiede che ci sia anche una cooperazione costante tra terapeuta, familiari e, talvolta, insegnanti per valutare l’evoluzione della sintomatologia e del funzionamento del bambino e adeguare di conseguenza il percorso psicoterapeutico.
I genitori mantengono un ruolo attivo durante la terapia del loro figlio essendo loro compito regolare le aspettative di miglioramento (i risultati del trattamento si manifestano dopo mesi e sono molto graduali), lodare  gli sforzi compiuti per resistere ai rituali, sottolineare i piccoli miglioramenti ottenuti, rinforzare la fiducia di potercela fare anche se un po’ alla volta e migliorare l’autostima.

Infine, anche se parlare di farmaci ai bambini è sempre fonte di forti timori è bene tenere presente che nelle forme più gravi e invalidanti (quando per esempio si evidenziano pesanti conseguenze negative sul rendimento scolastico o sulle relazioni con gli altri) si possono ottenere miglioramenti integrando la psicoterapia cognitivo comportamentale con un trattamento farmacologico specifico per il DOC che renda gradualmente meno intensi i sintomi e quindi più facilmente affrontabile il percorso psicologico. Ancora una volta il suggerimento è di rivolgersi a uno specialista con una specifica competenza ed esperienza che, oltre a prescrivere il farmaco, spieghi pro e contro del supporto farmacologico e dia tutte le informazioni necessarie per superare eventuali pregiudizi e comprendere la finalità dell’intervento.

Un genitore racconta

“All’inizio, per quanto a volte mi lasciassero perplesso, ho sempre soddisfatto le richieste di mia figlia, pensavo che assecondando i suoi comportamenti l’avrei aiutata. Poi mi sono reso conto che quanto facevo non cambiava in alcun modo la situazione. Non erano i soliti capricci o le solite domande che fanno tutti i bambini, in lei c’era qualcosa di più. Non riuscivo a capire di cosa si trattasse ma ad un certo punto ho realizzato che quel “qualcosa” la faceva soffrire moltissimo. Percepire la sua sofferenza è stata la molla che mi ha fatto agire. Non eravamo noi genitori a non essere all’altezza della situazione, come avevamo spesso pensato, ma c’era un problema e l’unico modo per aiutarla veramente era “metterlo a fuoco” e “farsi aiutare”.

Abbiamo cominciato ad informarci, raccolto suggerimenti e individuato uno psicoterapeuta per lei. Le cose ora vanno molto meglio, è un lavoro lungo e la terapia continua ma la vita di mia figlia è cambiata in meglio, è molto più serena e noi con lei.”    

Il padre di G.