Abbiamo letto: Mi chiamo Chuck

Roberta Necci, 01/06/2017
mi chiamo chuck

“Mi chiamo Chuck, ho diciassette anni e, stando a Wikipedia, soffro di un disturbo ossessivo compulsivo.”

Il libro di Aaron Karo, scrittore, comico e sceneggiatore newyorchese,  racconta la storia di Chuk un diciassettenne che trascorre il suo tempo in un continuo slalom tra rituali di ogni tipo. Non a caso il titolo originale del libro è  “Lexapros and cons”, gioco di parole tra un farmaco per la cura del  disturbo del protagonista e il simbolo di uno dei suoi tanti rituali: le scarpe Converse.

Il terrore dello sporco obbliga Chuck a frequentissimi lavaggi, la paura di commettere azioni che possano danneggiare gli altri lo porta a continui controlli, il tono dei suoi stati d’animo lo obbliga a concordarli con il colore delle Converse che indossa, ogni masturbazione deve essere registrata secondo una precisa sequenza.
Una vita difficile che il ragazzo cerca, inutilmente, di mantenere al riparo dagli sguardi di familiari e coetanei.

“Ho provato a smettere di contare le pippe a metà marzo ma non potevo addormentarmi in quello stato post-pippa e pre-appunto. Perché non continuare a tenerne il conto? Sei già arrivato fino a qui! Allora prendevo nota e mi sentivo meglio.
Ho qualche altra routine. Le piastre elettriche della cucina. Ah bè, le piastre elettriche sono un incubo, cazzarola. Se non le controllo mi convinco che la casa andrà a fuoco. Con dentro  mia sorella e miei genitori.
Quando sono accese, c’è una lucina rossa che ti avverte. E se la lucina rossa si rompesse? Ci sono quattro piastre, in teoria potresti passare lì davanti non renderti conto che un’ancora accesa. Poi diciamo che un canovaccio cade dalla maniglia del frigo, ok il frigo é dall’altra parte della cucina, ma solo per dire che comunque finisce sulla piastra, si incendia e tutta la famiglia Taylor crepa in un orrendo incidente causato dalle piastre rimaste accese.Questo pensiero mi da il tormento. Quindi controllo le piastre e le manopole di continuo. Più volte al giorno. I miei genitori quasi non le usano! Io mi masturbo più di quanto loro non cucinino!
Una cosa però mi ha fregato sul serio: lavarmi le mani. È lì che ho cominciato a pensare cavolo, tu hai un problema.”

Nel libro non si parla solo delle manifestazioni del disturbo di Chuck ma anche dei problemi conseguenti la sua condizione. A partire dai tentativi per nascondere i rituali passando attraverso il modo in cui familiari si adoperano per convincerlo a curarsi,  la scelta della psicoterapeuta e come si instaura la relazione tra lei e Chuck, la difficoltà ad iniziare una terapia farmacologica e il successivo desiderio di interromperla.
Il punto di vista dell’adolescente è l’elemento più interessante del libro, soprattutto quando il disturbo interferisce con un aspetto particolarmente importante in questa fase di vita, la costruzione delle relazioni sociali.

Un piccolo manuale di psicoeducazione sul DOC scritto in modo leggero, ironico e, in alcuni punti,  divertente,  consigliabile a chiunque si trovi a fronteggiare le mille facce di questo disturbo, sia come persona che ne soffre sia come familiare o amico.

Mi chiamo Chuck
Aaron Karo
Giunti Editore 2012

Autore: Roberta Necci