La nostra esperienza con chi ne soffre.
Ansia, depressione, attacchi di panico, irritabilità, insonnia. In base agli studi scientifici queste sono le reazioni che tante persone hanno avuto e ancora oggi hanno dinanzi al diffondersi dell’infezione da coronavirus. I dati disponibili fanno però riferimento alla popolazione generale, cioè a tutti noi.
Ma cosa è accaduto in chi già soffriva di ansia e depressione?
Intuitivamente si può pensare che chi in condizioni di routine vive nel timore irrazionale di potersi contagiare (come accade nel disturbo ossessivo compulsivo) davanti a un rischio reale di infezione di cui sente parlare tutto il giorno in televisione, sui giornali e nelle conversazioni con familiari e amici sia entrato in una spirale ancora più pressante di paura e abbia intensificato tutte quelle pratiche di decontaminazione (tecnicamente “rituali”) che dovrebbero servire a ridurre il contagio ma che finiscono con l’aumentare la sofferenza.
E chi già prima non tollerava di stare al chiuso, di sentirsi isolato (come accade nel disturbo di panico), davanti alle limitazioni degli spostamenti e al distanziamento fisico imposti dalla quarantena sia stato tanto male da aumentare il consumo di ansiolitici e da essere tentato di non rispettare le norme di sicurezza pur di uscire da casa.
Per non parlare della frustrazione, dello scoraggiamento e della sensazione di essere diverso dagli altri dovuti all’interruzione forzata del lavoro, dello sport, degli hobby e dei rapporti sociali in chi avendo superato un episodio depressivo aveva ricominciato a vivere a pieno.
Queste le previsioni: chi già soffre di un problema psicologico ha subito un impatto pesante, più pesante rispetto agli altri.
Incredibilmente però in questi mesi la mia esperienza e quella di altri psichiatri e psicoterapeuti dell’Istituto di Psicopatologia ha fatto emergere che nulla di quanto ci aspettavamo è realmente accaduto.
Chi stava bene ha continuato a stare bene, chi stava migliorando ha continuato a migliorare arrivando a un completo recupero, qualcuno ha avuto una ricaduta che non sembrava però conseguenza della pandemia o delle restrizioni che questa ha comportato. Anzi, abbiamo notato che la maggior parte delle persone che curiamo ha mostrato una grande capacità di adattamento sia nella fase di emergenza, sia in quella di riapertura.
Spesso ci siamo sentiti dire:
“Per me non è stato così strano rimanere in casa, in fondo mi è capitato tante volte quando stavo male”,
“Per la prima volta non mi sento diverso, non sono quello che non va a lavorare”
“Finalmente nessuno mi chiede perché non esco!”
“Ho sentito gli amici più di prima”,
“Ho ripreso a suonare la chitarra, il mio amore di sempre”
Per qualcuno la quarantena ha addirittura rappresentato un’opportunità.
Penso ad alcune persone con disturbo ossessivo compulsivo che hanno preso spunto dalla paura dell’infezione e dalle procedure seguite da parte dei familiari per ridurre il rischio di contagio per far capire loro cosa provano quando stanno male e perché mettono in atto estenuanti rituali di pulizia.
Oppure a chi soffre di ansia sociale e ha difficoltà nei rapporti con gli altri per paura di fare brutta figura. Per alcuni di loro gli incontri di gruppo online sono stati una preziosa opportunità per mettersi alla prova e poi, forti dell’esperienza positiva, riuscire ad aprirsi alle relazioni in presenza con maggiore sicurezza.
Riportare l’esperienza mia e degli altri colleghi dell’Istituto di Psicopatologia, costruita su quanto ci è stato raccontato dai pazienti, ha innanzitutto valore di testimonianza su come sono andate e stando andando realmente le cose per evitare che si alimentino aspettative allarmanti.
Ma è anche spunto per alcune riflessioni.
Le impressioni raccolte dimostrano infatti, se ancora ce ne fosse bisogno, che considerare ansia e depressione la conseguenza di una “fragilità” o “debolezza di carattere” è solo un pregiudizio dal momento che le persone che ne soffrono davanti all’emergenza hanno avuto una capacità di reazione simile, se non a volte migliore, a quella di chi di questi disturbi non soffre.
E poi, consentono di “toccare con mano” che le cure, farmaci e/o psicoterapia, anche in situazioni altamente stressanti continuano a fare il loro effetto aiutando a raggiungere o, se già presente, a mantenere uno stato di benessere.
Ringrazio quindi tutti i pazienti che durante la quarantena mi hanno parlato della loro esperienza. Ho imparato molto dai loro racconti che hanno consentito a me di prendermi meglio cura di loro, e a tutti di capire un po’ più dei disturbi di cui soffrono.
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