Paura di volare e mindfulness

Roberta Necci, 19/01/2020

Come la pratica di mindfulness aiuta a gestire la paura di volare. Un’istruttrice di mindfulness racconta la sua esperienza.

La mindfulness, o presenza mentale, è la capacità di essere intenzionalmente presenti, momento per momento a ciò che stiamo facendo,  volendo osservare ciò che accade per come realmente accade che sia gradito o sgradito, senza giudicarlo. È scientificamente dimostrato che praticare la mindfulness riduce lo stress, dove per stress si intende una condizione che ci fa sentire sotto pressione o in difficoltà. Tra queste condizioni rientra anche l’aerofobia, comunemente nota come paura di volare.
Come ben spiegato dal comandante e e psicoterapeuta Luca Evangelisti nel libro “Mai più paura di volare” la paura del volo a volte è segno di un generico problema di insicurezza, altre di claustrofobia (paura dei luoghi chiusi senza vie di fuga), altre ancora è un problema legato alla necessità di tenere tutto sotto controllo, cosa difficile su un aereo dove dobbiamo completamente affidarci al controllo di qualcun altro.
Al di là delle diverse motivazioni il risultato è sempre lo stesso: molte persone non riescono a salire su un aereo, molte altre invece volano ma lo stress è altissimo e ogni viaggio è fonte di grande sofferenza.
Tra i vari metodi per contrastare la paura di volare può esserci un posto per la mindfulness?
La risposta è si, e alcune compagnie aeree (Air France e British Airways) l’hanno inserita tra i programmi destinati a chi vuole superare la paura del volo. È però utile chiarire che la mindfulness non è una tecnica che fa passare la paura di volare, né un modo per non fare pensieri catastrofici ma una capacità che ci permette di affrontare in modo diverso le nostre esperienze, qualunque esse siano, e di relazionarci ad esse con maggiore serenità. Il risultato, nel caso dell’aerofobia, è volare tenendo più a bada ansia, paura, pensieri catastrofici e manifestazioni somatiche (per esempio tensione muscolare, sudorazione, aumento del battito cardiaco, ecc..).

Per chiarire come praticare regolarmente la mindfulness possa ridare serenità durante i voli vi racconto la mia esperienza non solo dal punto di vista dell’istruttrice di mindfulness ma, soprattutto, da quello di passeggera da sempre molto preoccupata di volare.

Il primo passo è stato accorgermi di quanto la paura occupasse spazio dentro di me nei giorni precedenti il volo.
Ogni volta che sapevo di dover volare cominciavo a preoccuparmi almeno due settimane prima. Prendevo informazioni sul tipo di aereo, leggevo il meteo e la mente cominciava automaticamente ad intessere racconti su come sarebbe stato il volo. Pur non essendo in aereo ma a terra, a svolgere le mie attività quotidiane, ero catturata dal film di cui la mia mente era la regista indiscussa. E come ogni bravo regista sceglieva sapientemente gli attori giusti (piloti molto giovani e inesperti), il contesto più terrifico (maltempo) e cominciava a girare le sue scene catastrofiche. Ovviamente ogni ciak si accompagnava ad una reazione emotiva e a manifestazioni fisiche. L’ansia verso la situazione temuta cominciava ad emergere, il corpo raccontava quell’ansia prima con un disagio generalizzato poi con sensazioni più evidenti e marcate.  Ero così sequestrata da quel film che non mi accorgevo della realtà, e cioè di essere a terra e non in volo.  Il risultato era di arrivare in aereo già molto stressata.
La mindfulness mi ha aiutata a riconoscere questo automatismo e pian piano ad interromperlo dicendomi: “Ora non sei in volo, questa sofferenza in questo momento non è giustificata. Sei al lavoro? Riprendi a lavorare. Torna qui, dove sei adesso.
Prima pratica di mindfulness: iniziare ad essere consapevole del fatto che mi portavo inutilmente avanti con il lavoro, imparare a riconoscere l’arrivo dei titoli di testa del film e, con l’aiuto del respiro, tornare al presente e a ciò che stavo facendo in quel momento.  

Avevo già ottenuto un risultato: arrivare al momento del volo meno stanca e avendo accumulato meno tensione. Ma, ovviamente, il giorno del volo la preoccupazione emergeva in tutte le sue forme. In aereo sentirmi costretta a stare in uno spazio ristretto mi innervosiva, ogni suono mi allarmava, ogni turbolenza attivava la mia ansia.
Il secondo passo è stato accettare la mia preoccupazione e non giudicarmi: “Ok, ho paura di volare. E questo non farà di me una persona migliore o peggiore”.
Prendere atto che la paura viaggiasse con me mi ha permesso di conoscerla meglio. Ho iniziato ad esplorare quali sensazioni fisiche facesse sorgere nel mio corpo: un diffuso senso di tensione ovunque, una maggiore rigidità nelle gambe e nelle spalle, il respiro più corto. Viaggiavo in uno stato continuo di attivazione e allerta, una contrazione generalizzata per tutto il volo: non leggevo, non conversavo, non mangiavo. Il suono delle cinture di sicurezza faceva accelerare il cuore e accorciare il respiro. A dimostrare quanto la mia fosse una preoccupazione del tutto irrazionale al momento dell’atterraggio, notoriamente uno dei momenti critici di un volo, avvertivo un senso di leggerezza. Il corpo iniziava ad ammorbidirsi ed emergeva la spossatezza di chi porta dei grandi pesi per lungo tempo.
Conoscere meglio la mia paura di volare mi ha aiutato a familiarizzare con quello che succede e individuare i film più frequenti.
Ora ogni volta che la “mente regista” batte il suo ciak riconosco questa sua inclinazione e torno a me stessa, al mio respiro, a come mi sento. Questo mi aiuta a non perdermi nella visione del film e riduce molto la tensione. Per esempio: riconoscere il sussulto che accoglie il segnale di allacciare la cintura di sicurezza e ricordare a me stessa che è il segno della mia preoccupazione “Ecco, inizia il solito film…” e che si tratta “di normale turbolenza”.
Le parole che mi rivolgo giocano un ruolo importante, solito film e normale turbolenza mi riportano alla realtà e anche questo attenua molto la reazione emotiva.

Seconda pratica di mindfulness: riallineare manifestazioni del corpo, pensieri e stati d’animo. Durante il volo mi è molto utile tornare al respiro, chiedermi come sta il mio corpo, qual è il mio stato emotivo, che pensieri popolano la mia mente. Rivedere i tre piani mi aiuta a rimetterli in equilibrio e non lasciare che uno di essi (per esempio il pensiero catastrofico) mi sequestri.
Il risultato? Volo, più serena, meno tesa. La paura non è sparita ma si è trasformata in un passeggero un po’ fastidioso che vola sul mio stesso aereo.  Siede accanto a me, a volte si fa sentire e vorrebbe sedersi nella mia stessa poltrona ma con l’aiuto della consapevolezza riesco a convincerla a stare al suo posto. Ognuno la sua poltrona. Questo la rende più innocua e ora durante il volo leggo, converso, mangio, dormo, vedo un film (vero, non immaginato).

All’arrivo l’ultima pratica di mindfulness: un ringraziamento a me stessa per aver volato. Mantenere l’intenzione di viaggiare in aereo fa si che ogni volta tale intenzione si rinforzi e migliori la mia capacità di tenere a bada la preoccupazione.
E un ringraziamento alla mindfulness che pur non facendo sparire d’incanto la paura di volare aiuta a volare sebbene la paura di farlo. Un grande risultato per chi deve spostarsi o per chi, semplicemente, ama viaggiare.

 

 

Autore: Roberta Necci