Quando le preoccupazioni diventano troppe e le normali attività sono condizionate dalla paura esagerata che accada qualcosa di brutto.
“Da qualche anno le mie giornate sono un incubo.Quando mio marito è fuori casa penso continuamente che possa avere un incidente, per cui qualsiasi cosa io faccia, cucinare, pulire o altro, ho sempre la mente rivolta a lui. Sento una frenata brusca e lo immagino travolto da un auto; sento un’ambulanza a sirene spiegate e sono certa che stia trasportando lui in ospedale. Non riesco a controllarmi e non vivo più.”
“Dottore, non ce la faccio più: sono sempre preoccupato per il lavoro, per i soldi, ho paura di non riuscire a mantenere la mia famiglia. Non ho grossi problemi economici, ma ingigantisco qualsiasi imprevisto, mi sento sempre sul ‘filo del rasoio”.
L’ansia costituisce uno stato d’animo comune (chi di noi non la conosce?), abitualmente transitorio e legato a situazioni potenzialmente pericolose, che nell’evoluzione della nostra specie ha svolto una funzione vitale: permettere di gestire in tempo reale le emergenze della vita.
Quando però accade che il contenuto della preoccupazione sia eccessivo o francamente irreale, condizionando negativamente la vita sociale e l’attività lavorativa del soggetto si configura qui un vero e proprio disturbo psichiatrico, il Disturbo d’Ansia Generalizzata (GAD).
I pazienti affetti da GAD riferiscono di essere “cronicamente preoccupati”, “ansiosi”, “apprensivi”. La loro capacità di immaginare scenari catastrofici e disgrazie è tale che, pur in assenza di motivazioni adeguate, temono costantemente per la salute e l’incolumità fisica dei propri familiari, per la situazione finanziaria, per il rendimento lavorativo o scolastico e fanno continue previsioni di sventura per sé e per gli altri.
Questo stato di allarme e ipervigilanza protratti si associa a sintomi somatici che possono riguardare sia il sistema neurovegetativo (respiro affannoso, tachicardia, difficoltà a deglutire, sensazione di “testa vuota”, sudorazione, bocca asciutta) che l’apparato gastrointestinale (difficoltà digestive, nausea, meteorismo, diarrea). Caratteristica è la tensione muscolare che si manifesta con “cefalea” e “peso alla testa” ma anche con dolori diffusi, tremori, scatti muscolari e sensazione di rigidità alle braccia. Il continuo stato di preoccupazione, a sua volta, provoca disturbi cognitivi (come difficoltà di concentrazione e memoria e facile distraibilità) irritabilità, tendenza a sussultare per un nonnulla, insonnia.
Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che il GAD:
- è la patologia ansiosa più diffusa, visto che colpisce tra il 2,5 ed il 16,5% della popolazione generale
- è più frequente nelle donne, anche se i dati al riguardo non sono univoci
- insorge tra i 20 ed i 30 anni, ma non sono rari i casi in cui la comparsa avviene già nell’infanzia o nell’adolescenza
Le modalità di esordio sono graduali e abitualmente non è identificabile uno specifico “evento scatenante”. I primi segnali sono spesso rappresentati da una preoccupazione eccessiva per eventi normali, come un’interrogazione o una gara sportiva. In assenza di cure adeguate, il disturbo, una volta insorto, assume un decorso cronico anche se si possono alternare fasi acute e periodi di miglioramento.
I sintomi del GAD sono tanto simili alle comuni preoccupazioni della vita quotidiana che spesso il soggetto non li riconosce come patologici e può tentare di lenirli autocurandosi con alcool, ansiolitici, caffè, antidolorifici. Queste sostanze inizialmente danno un beneficio, ma con il tempo determinano uno stato di dipendenza che finisce con l’aggravare il quadro.
Ulteriori possibili complicanze sono un eccessivo consumo di cibo, con conseguente obesità, e depressione.
La cura del GAD può essere di tipo farmacologico e in alcuni casi si è dimostrato utile associare un intervento psicoterapico. Il ricorso alle benzodiazepine (gli ansiolitici o tranquillanti), riservato alle fasi acute, deve essere di breve durata per evitare fenomeni di abitudine e dipendenza.
Il cardine del trattamento è rappresentato da alcuni antidepressivi con spiccate caratteristiche ansiolitiche, come trimipramina, fluvoxamina e paroxetina, e dal buspirone che esplica un effetto intermedio tra quello degli antidepressivi e delle benzodiazepine.
Oltre a un eventuale sostegno psicoterapeutico negli ultimi anni si sono dimostrati molto utili i percorsi di Mindfulness, in particolare il Protocollo MBSR, che aiuta le persone a riconoscere i pensieri allarmistici e gestire la tendenza ad immaginare scenari catastrofici riducendo l’instaurarsi di un clima di allarme protratto.
Possono dar beneficio, anche se transitorio, le tecniche comportamentali di rilassamento.