Che rapporto ha un ipocondriaco con il proprio stato fisico? Scopriamolo leggendo un inconsueto diario scritto, per un’intera vita, dal punto di vista del corpo.
Alla morte del padre una figlia riceve in eredità l’inconsueto diario che il genitore ha tenuto per tutta la vita. Le parole che il protagonista le rivolge spiegano molto chiaramente di cosa si tratta:
“Quel che il notaio ti consegna è davvero uno strano regalo: niente meno che il mio corpo. Non il mio corpo in carne e ossa, ma il diario che di esso ho tenuto all’insaputa di tutti nell’arco della mia vita. Non un diario intimo, figlia mia, sai quante riserve ho sul resoconto dei nostri muscoli stati d’animo. No, Lison, solamente il diario del mio corpo (…) del nostro compagno di viaggio, della nostra macchina per essere.
Dal mio dodicesimo al mio ottantesimo e ultimo anno, scandito da lunghi silenzi, quei momenti della vita in cui il nostro corso si fa dimenticare. Ma ogni volta che il mio corpo si è manifestato alla mia mente, mi ha trovato con la penna in mano, attento alla sorpresa del giorno”.
Inizia così il viaggio scritto di una vita vista attraverso le evoluzioni e i cambiamenti, sia fisiologici sia dovuti all’ incontro con una malattia, del corpo del protagonista. Un viaggio che passa dal racconto delle sorprese adolescenziali, alle sensazioni che il corpo comunica al suo proprietario in situazioni particolari (un ballo, un pianto liberatorio, l’anniversario della Vittoria), passando attraverso il sesso, le malattie, la stanchezza, l’innamoramento, la nascita dei figli, fino alla felicità di esistere e poi alla “fine del contratto di locazione” quando “La penna è pesantissima. Ogni lettera è un’ascensione, ogni parola una montagna”.
Anno dopo anno si rintraccia nel diario una certa propensione all’ansia che sfocia in veri e propri attacchi di ipocondria. Il racconto della “certezza che i giochi siano fatti” prima di una gastroscopia o quello minuzioso del terrore suscitato dall’apertura della busta contenente i risultati di analisi del sangue.
“Storia di un corpo” è un libro piacevole che emoziona, fa ridere, commuove e ci fa rivedere il rapporto con il nostro corpo, la casa in cui abitiamo per tutta la vita, a cui non sempre dedichiamo l’attenzione che merita.
Una lettura consigliabile a tutti gli ipocondriaci per l’ironia e la leggerezza che possono essere riservate a questa forma di ansia molto diffusa e perché non si sentano soli di fronte alle loro angosce. E anche a tutti coloro che amano i diari per l’insolito punto di vista.
“23 anni, 6 mesi, 6 giorni Mercoledì 16 aprile 1947
Certezza che i giochi siano fatti, che mi gusto per l’ultimo volta da non-malato questo vino, queste olive, questa purea – che peraltro non vanno giù – e che non vedrò mai più fiorire gli ippocastani del Jardin du Luxembourg. Da quant’è che ti importa degli ippocastani, razza di idiota? Li hai sempre trovati libreschi! È vero, ma la certezza della morte imminente ti farebbe innamorare di uno scarafaggio. Paura della malattia più spaventevole della malattia stessa. Che arrivi la diagnosi, così mi riprendo! Poiché davanti all’inevitabile cancro, saprò come comportarmi! Mi immagino persino qualche atteggiamento eroico.”
Storia di un corpo.
Daniel Pennac
Feltrinelli Editore, Milano 2012