Un’emozione universale, che chiunque può provare, “la paura dello sguardo degli altri che ci sminuisce” e che inevitabilmente ci porta a rinunciare.
Nel cominciare a scrivere questa recensione ho provato esattamente ciò di cui Boris Cyrulnik parla nel suo libro “La vergogna” e mi sono chiesta “E se non piace al mio capo o alle persone che lavorano con me …?”.
Mi sono così immersa nei vari tipi di vergogna descritti nel libro. Per esempio nei tantissimi casi di persone (non ultimo l’autore stesso) che hanno provato delle vere e proprie umiliazioni nel corso della loro vita, dagli abusi sessuali all’olocausto, e che in qualche modo sono riusciti a sopravvivere a traumi così devastanti. Per loro la cosa peggiore non sembra essere l’evento terribile e sconvolgente capitato all’improvviso nella vita, ma il continuare a vivere con un peso tanto grave e minaccioso e non riuscire a condividerlo con gli altri. “Gli altri sono il nostro specchio e non potremo che vergognarci”, “Agli altri diamo un potere enorme quello del giudizio”, “Gli altri non potranno che giudicarci”.
Secondo Cyrulnik la vergogna può nascere oltre che da un trauma che non si riesce a condividere, da un evento che trova le sue radici nell’infanzia in insidiose lacerazioni quotidiane, continue degradazioni appena percepite che finiscono col minare l’autostima del bambino. A solo titolo di esempio i nomignoli che gli adulti usano bonariamente, al semplice scopo di far ridere, come il bambino “pillola” (nato per la dimenticanza dell’anticoncenzionale) o il piccolo impacciato e goffo “testa di lardo”.
Nel libro inoltre viene esplorata l’origine biologico-genetica della vergogna. Studi condotti su alcune specie animali ipotizzano che piccoli di macaco con un gene mutato che determina una diminuzione di un neurotrasmettitore la serotonina, quelli che l’autore chiama i “piccoli trasportatori di serotonina”, sarebbero più paurosi di quelli non portatori della mutazione, i “grandi trasportatori di serotonina”, che sembrano essere più socievoli, tranquilli, pronti all’esplorazione e meno inclini alla vergogna.
L’autore sottolinea però che “Una tendenza genetica non è inesorabile, una ferita che si iscrive nella storia, non è un destino” e non stabilisce necessariamente una relazione diretta. I “piccoli trasportatori di serotonina” con una madre accudente possono infatti sviluppare buone relazioni con gli altri e non essere necessariamente afflitti da un estremo senso di vergogna.
Il viaggio di Cyrulnik attraverso questa emozione porta con sè un messaggio positivo, il senso estremo di vergogna si può contrastare. Ognuno può capovolgere il proprio destino affrontando ciò che è alla base della propria vergogna per arrivare ad essere fieri ed orgogliosi di sé stessi.
La vergogna
Boris Cyrulnik
Codice Edizioni, 2010